La pubblicazione collettiva di Cremonapalloza

La prima volta fa sempre male

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A più di due anni dal mio esordio allo Zini arriva finalmente il giorno del debutto in curva, quella vera, in mezzo, dietro la porta, dove si sta in piedi e si canta novanta minuti, non quella ai lati, dove si sta seduti e ci si alza solo per applaudire al gol.
La partita scelta è Cremonese-Pescara, 11 marzo 1984. Mancano sei mesi al mio tredicesimo compleanno, è giunto il momento di staccarsi dal cordone ombelicale grigiorosso dello zio e lanciarmi nella mischia con i miei soci.
Appuntamento all’una davanti al Bar Manila di via Persico, lontano dagli occhi indiscreti che ci sono davanti all’ingresso: dobbiamo dividerci i fumogeni che abbiamo comprato il pomeriggio del sabato alla Casa del Giocattolo di Corso Matteotti. Costano duemila l’uno; se si compra la confezione da cinque, costano novemila lire.
Siamo in cinque: due bolli a testa e con il millino che avanza ci prendiamo qualche raudo, dev’essere un esordio con il botto.
I miei son convinti che andrò allo stadio con un mio compagno di classe e suo fratello maggiore: tecnicamente è vero, nel senso che ci sarà anche lui allo stadio, ma non sarà con noi.
Ci dividiamo i fumogeni come se stessimo preparando le armi per assaltare un portavalori: tutti si mettono il fumogeno nel calzino o nelle mutande, ma io no, sono più furbo, devo fare le cose diversamente dagli altri e sfrutto la tasca interna del giubbino, convinto che sia una sorta di cripta nascosta e accessibile solo al sottoscritto, che ne conosce l’esistenza.
Vi ricordate, per chi c’era, quei bellissimi giubbini anni Ottanta double face?
Il mio era azzurro, da una parte impermeabile, dall’altra in lana. Non l’ho mai messo dalla parte in lana perché mi vergognavo a farlo: c’erano degli orsi stilizzati, tipo i personaggi dei primi giochi elettronici.
Partiamo, sciarpa al collo e stampata in faccia tutta la sfrontatezza che solo dei tredici-quattordicenni brufolosi con una carica ormonale da far invidia al set di un film porno possono avere.
Ci mettiamo in coda per il controllo dei biglietti e, superato quello, c’è una bella schierata di carabinieri pronti a perquisire i tifosi, non tutti a dir la verità.
In due anni e rotti di stadio al fianco dello zio non mi hanno mai perquisito e confido che anche stavolta non lo faranno; per quello, forse, sono molto più tranquillo dei miei soci.
E invece, tac, sono l’unico a essere fermato della sporca cinquina per la perquisa. Appena mi infila la mano in tasca, si accorge che c’è qualcosa che non va.
Mi fa aprire il giubbino e compaiono gli orsetti, ma soprattutto compare il fumogeno blu, quello che non voleva nessuno perché era dello stesso colore della maglia del Pescara e che probabilmente portava sfiga.
Mi guarda con lo stessa espressione che ha un leone quando intrappola in un angolo la sua preda e, con tutta l’arroganza del caso, mi chiede:
«E questo che cos’è?».
Vorrei rispondergli: Ecco perché ci sono un sacco di barzellette su di voi, perché è vero che siete un po’ tardi, ma in realtà balbetto, tremante come una foglia:
«Un fumogeno».
Che figura di merda, beccato dagli sbirri e sono comparsi anche gli orsetti dell’interno del giubbo e tutti mi guardano. Spero che nessuno mi conosca o conosca mio padre.
I miei soci si sono defilati: temono che, beccato me, possano beccare anche loro.
In questi frangenti il carabiniere richiama l’attenzione del superiore e gli mostra il corpo del reato, declamando:
«Procedo al fermo?».
Procedo al fermo? Per un fumogeno? Ma questo è pazzo, ma più che altro vuole la mia morte, lo vedo mio padre che mi viene a recuperare in caserma roteando un’alabarda per trafiggermi.
Fortunatamente il superiore è più sgamato e non vuole perdere tempo per un innocuo fumogeno beccato a un moccioso; se lo fa consegnare dal subordinato e mi guarda dritto negli occhi.
«Lo sai che non si possono portare fumogeni allo stadio?».
Annuisco con la testa.
Lui me lo mostra bene, facendomelo roteare sotto il naso.
«Questo lo tengo io e, se mi prometti che non lo fai più, ti lascio andare».
Annuisco forte con la testa un paio di volte, fino a quando non si sposta per farmi passare e raggiungere i miei soci, che naturalmente mi insaccano di parole perché mi sono fatto beccare come un pirla.
La partita finì 3-2 per il club abruzzese e io non ricordo nulla della gara, se non la colossale figura di merda.
Non male come prima volta; sequestro del fumogeno con rischio di essere portato in caserma, apparizione degli orsi stilizzati del giubbino in pubblico e sconfitta della Cremo.
Quando nel 1987 uscì Socialismo E Barbarie e ascoltai Per Me Lo So, mi venne in mente quel pomeriggio.
«La prima volta fa sempre male
La prima volta ti fa tremare».

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Grego

Nato a Cremona.
Ascolta musica che produce rumore e genera emozioni.
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Grego

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