In piedi alle 6.
Stamattina mi sono svegliato con la schiena che gridava vendetta a tutto l’Olimpo, le spalle disarticolate e gli addominali non pervenuti.
Forever young ’sto cazzo.
Che poi, “svegliato”… Diciamo che il mio involucro esterno si è messo in moto, in qualche maniera.
Per evitare di addormentarmi con la faccia sul clacson ai 150 all’ora, ho dovuto giocare il jolly “caffè dal metanaio”.
Ora, dovete sapere che il bar del metanaio fonda le sue fortune sul fatto che una delle due bariste fa il caffè praticamente nuda.
(La Barista Nuda ha una collega: la Barista Vestita.)
Ciò rende il bar del metanaio una specie di country club a esclusivo appannaggio maschile.
Stamattina, per festeggiare una minigonna da denuncia, c’era tutta la squadra di Manzi Estintori («Per prevenire e combattere incendi ed infortuni») in divisa da gran parata.
Fase uno.
Entro con Tizio X.
Ordiniamo contemporaneamente: «Caffè! Caffè lungo!».
Barista Nuda: «Yesss! Avete sentito? Sono internazionale!».
Io, che sono linguista, dalla pronuncia, evinco un master da bartender a Birmingham.
Lei, non paga, insiste: «Adesso ve lo dico anche in francese».
Segue un lungo momento di silenzio in cui, evidentemente nell’imbarazzo della scelta tra i molteplici idiomi che padroneggia, cerca di trovare il file francese.
Barista Nuda s’illumina: «Hola!».
Applauso dei manzi di Manzi al bancone.
Qui ero già felice.
Fase due.
Entra un gruppo di cinque persone.
Tra i 23 e i 60 anni.
Con cravatte troppo belle per essere agenti immobiliari.
Con troppo gel per essere bancari.
Decido che sono generici rappresentanti.
Il ventitreenne è proprio bello.
Baffetto.
Occhio malandrino.
Tipo che io stesso sono indeciso se chiedere a lei se effettivamente la marca del perizoma che leggo attraverso la gonna è proprio quella, o chiedere a lui se i baffi sono impomatati o brillano di luce propria.
Modalità “people watcher” on.
Osservo l’evolversi della danza di accoppiamento che, sento, sta per avvenire.
(Nella mia testa, l’Aria sulla quarta corda, il secondo movimento della Suite orchestrale n. 3 in Re maggiore, di Johann Sebastian Bach. Per voi, che siete ignoranti, la sigla di Quark).
Lei guarda lui.
Lui guarda lei.
Lei con sguardo d’insieme.
Lui come se oggi avesse l’interrogazione sull’apparato riproduttore femminile e dovesse dare l’ultima ripassata.
Lui esce.
Con un ultimo guizzo, lei gli sfila le mutande con lo sguardo.
Barista Nuda a Barista Vestita: «Ah però, carino Zorro!» (ricordiamo il baffetto catarifrangente).
Barista Vestita: «Aaah, ma allora lo conosci, sai già come si chiama!».
Ecco. Qui realizzo repentinamente che se fai caffè nuda questo non ti rende necessariamente più imbecille della tua collega.
L’imbecillità è transculturale, translavorativa e transabbigliamento.
Per trattenere una risata il cui rinculo mi avrebbe scagliato direttamente al casello Brescia Centro, il mio corpo si circonda di un’aura energetica da Super Sayan.
Loro lo avvertono.
Si sentono in dovere di coinvolgermi.
Nuda mi guarda e sorride.
Vestita mi dice: «Ma scusa, se uno chiama il figlio Oceano, un altro non lo può chiamare Zorro?».
Stupito dall’apertura di vedute di Vestita e compiaciuto del riferimento culturale di Nuda, decido che posso parlare: «Be’, dai, Zorro era impossibile: non aveva la maschera. Al massimo si sarà chiamato Don Diego».
Un velo scende sui loro occhi.
Capisco di aver sbagliato tutto.
Io e la mia dannata fiducia nel genere umano.
Barista Vestita: «Cosa c’entra Maradona?».
Sbam.
Casello Brescia Centro.
Ho sempre pensato che fosse una leggenda quella della barista del metanaio.
Allora esiste.
Certo! Ulteriore testimonianza ci arriva dalla Signo: «Fino a due anni fa avevo anch’io l’auto a metano e confermo, la Barista Nuda esiste! Anche gli assembramenti di uomini, ovviamente».