Da quasi quattro decenni si parla di questa entità.
Lo si è fatto in maniera abbondantissima all’inizio, alla sua “comparsa”; poi sempre meno, occasionalmente. Poi ancora meno, ma lui c’è ancora, eccome.
L’idea è di incontrare proprio lui e chiedergli come sta andando questa esistenza, che sembrava essere un evento epocale solo ieri.
Lo si può incontrare ovunque, è cosmopolita e non è classista.
È in grado di accoppiarsi con chiunque, non bada all’età, al sesso, al luogo, alle convinzioni politiche o religiose, all’etnia, all’aspetto.
Molto democratico. Lo è totalmente.
Ci siamo abituati a chiamarlo aids, ma sarebbe più corretto chiamarlo hiv (virus da immunodeficienza umana), un’infezione che, se non riconosciuta, non curata, può portare all’aids (sindrome da immunodeficienza acquisita).
Decido di incontrarlo in un posto a caso, dalle mie parti, per comodità.
Suono. Aspetto. Apre.
«Salve, sono un vicino, un concittadino, un condomino».
L’altro c’è, ma non lo vedo bene, sembra che cambi davanti a me, muta in continuazione, un caleidoscopio, un’allucinazione psichedelica, lisergica, ma c’è e risponde.
«Ah, salve».
«Sono venuto qui per conoscerla».
«Ah, grazie, piacere, arrivederci». E richiude.
«Un momento! Vorrei farle un’intervista. Breve».
Aspetto. Riapre. Sta lì.
«È possibile. Venga».
Duro il tipo da acchiappare, ma sembra possibile, direi facile, basta insistere; neanche tanto.
Entro. Preferisco non ricordare dove. Mi vieto reazioni, sensazioni, distrazioni. Obiettivo, vai!
«Mi dica qualcosa di lei, come si chiama, chi è. Cos’è?».
«Mai pensato di darmi un nome, veramente. Nei testi però mi chiamano hiv (poco simpatico, ma a me non importa. Non è una questione mia). Su chi sono o cosa sono; be’, sono un essere vivente. Sempre nei testi vengo definito un virus, anzi più precisamente un retrovirus. Ma ce n’è un sacco di altri nomi: il cancro dei gay, la lebbra dei drogati, la peste del XX secolo, il castigo di dio, il contorno viola. E così via, la fantasia paranoica e malefica non ha confini. A me non importa nulla. Anzi, mi diverte e mi facilita i compiti. A me interessa vivere, riprodurmi, come a voi umani: senza guardare in faccia nessuno. Nonostante viva all’interno di voi umani e con limiti decisamente ristretti – solo nel sangue e nei liquidi seminali vivo in quantità sufficiente per una possibile trasmissione, impossibile l’esterno, impossibile per me sotto o sopra le temperature corporee ecc. – le cose mi vanno abbastanza bene. A dirla tutta, non me l’aspettavo neanch’io. Siete ancor più superficiali e sciocchi di quanto già non sapessi. Vi sono molto grato, ormai penso in grande. Molto in grande. Conquisterò il mondo se continuo così. Fantastico, il potere».
Intanto che dice quest’ultima frase l’attività cangiante sembra crescere.
«Senta, io so che lei può essere combattuto con le terapie. O è sciocco e superficiale anche lei come noi tanto da negare l’evidenza?».
«L’evidenza è che le terapie sono a disposizione di una minima parte di persone e zone della Terra e comunque anche lì continuo a crescere. Allora, chi nega l’evidenza? Io o voi?».
«Questo è un punto per lei. Ma mi dica, allora, per la storia e per correttezza giornalistica: da dove viene lei?».
Scoppia a ridere.
«Questo aspetto è ancora troppo divertente perché smetta di godermela con le ipotesi che avete fatto e continuate a difendere a oltranza e a creare. Le basti una per tutte: per eminenti studiosi io non esisto, non sono né un virus né un antivirus. Come mi diverto, chissà cosa sono e intanto mi diffondo. Un indizio mi va di darlo: il siv (virus dell’immunodeficienza delle scimmie) è molto simile all’hiv. Sappia che è un’informazione che in ogni caso non risponde del tutto alla questione. Comunque per gli oppositori del capitalismo sono un’invenzione, se non una produzione, delle multinazionali, per gli antiamericani sono un prodotto dei loro laboratori militari, per i moralisti il giusto frutto di comportamenti devianti. Per tutti qualcosa che non li riguarda. Per tutti qualcosa creato dai nemici di sempre, senza dubbi. C’è la storia dell’umanità in questo».
«Ok, ti stai divertendo, ti sta andando alla grande; ma allora, giochiamo a carte scoperte! Non mi importa nulla se ci ritieni sciocchi e superficiali. Sfondi una porta aperta, ho le mie opinioni in proposito. Comunque anche tu non sei poi così furbo, alla lunga. Ne stai ammazzando decine di milioni e, se il tuo solo obiettivo è moltiplicarti all’infinito, in fondo al tuo gioco ti sarai mangiato tutto ciò che ti nutre. Che poi noi si stia facendo lo stesso con i rapporti che teniamo tra noi e col pianeta che ci ospita non ti dà certo vantaggio. Pertanto: non hai nulla da ridere. Pensaci. In ogni caso oggi a me interessa questa battaglia. La guerra è un altro discorso che non faccio con te. Abbiamo circa 30 farmaci, studi avanzati sul vaccino e per il resto ti assicuro che mai smetteremo (alcuni di noi mai smetteranno) di lottare per l’accesso universale alle terapie e farti fuori. Chiaro? Tocca a te. Che mi dici? Dammi pure del tu, ho cominciato io».
«Lo sai anche tu che il problema vostro è solo in parte nell’accesso e nel costo delle terapie, per ora comunque non risolutive e per pochi. Ti ripeto: ho solo due obiettivi, sopravvivere (e 30 farmaci che non mi debellano sono la prova che sono in gamba. Parecchio, direi) e diffondermi (e anche qui ammetterai che la mia modalità di trasmissione di gran lunga prevalente, quella sessuale, è una gran bella genialata, no‽)».
«Già. Sul sesso è un bel terreno. Si gioca facile se si vuol far casino e approfittarne per governare, per conquistare, per confondere, per speculare. Ma a me ora interessa un’altra capacità tra le tue. Quando ti attacco tu cambi rapidamente e ti difendi ogni volta. Ti danneggio, ma solo per un po’. Hai spie nelle alte sfere, che ti passano informazioni?».
«Siete convinti di conoscere i meccanismi della vita e della morte. Caro mio, i segreti della vita e della morte per voi sono ancora ben protetti. Io posso cambiare più volte nel corso della mia esistenza perché sono semplice, agile e amorale, così finché voi mi considerate complesso e cattivo io sono tranquillo. Va be’, posso dirtelo. Perché tanto tutto è sotto i tuoi occhi ma i tuoi pregiudizi ti impediranno di vedere. Sfrutto semplicemente la tua forza contro di te. Come un bravo monaco Shaolin. Come vedi, qualcosa di davvero importante già lo sapreste, ma voi credete nella forza bruta e allora andiamo pure avanti per un bel pezzo. Come siete buffi! Quanti sforzi nella prevenzione, quanti nel predicare rispetto, responsabilità, amore serio e consapevole, fiducia, comportamenti corretti. Ti rendi conto che sono qualità e caratteristiche che non avete, se non sulla lingua e in qualche anomalia umana poco frequente? In fondo io vi sto dando un’occasione. Un’altra. L’ennesima, per riflettere su voi stessi. Son sicuro che non la userete».
«Sì, siamo lenti e convinti di essere sapienti, come ogni vero grande ignorante. Eppure sappi che quelle anomalie umane poco frequenti, come le chiami tu, sono umane, prima di tutto, e sapranno sconfiggerti senza odiarti. Lo faranno anche per tutti gli altri e poi tutti quanti punteremo di nuovo verso un nuova sfida, armati della nostra grande ignoranza, brutalità, ingordigia, ma anche di una quantità di sogni e ideali. Cose, caro mio, che tu non hai. Questo farà la differenza».
«Perfetto, continua a sognare. Io ho del lavoro da svolgere. Ci si vede».
Chissà perché, questa cosa dei sogni e degli ideali mi sembra l’abbia irritato più del resto. Vuoi vedere che… In fondo i primi risultati contro questo essere li ha dati proprio l’incontro di persone con hiv senza farmaci, senza risposte di nessun tipo, solo domande, montagne di domande e fatti concreti, drammatici. Niente di positivo da annotare complessivamente in quel primo periodo, solo la volontà di resistere di alcuni e l’incremento degli studi di ricerca di alcuni altri. Panico diffuso.
Ora la situazione è molto diversa, siamo al nocciolo della questione nell’affrontare, da un lato, una fase avanzata della ricerca e, dall’altro, ancora la lotta contro le abitudini mentali, di comportamento e di cultura che si riescono a scalfire a malapena. Durissima. Right on, brothers and sisters!
Ho alzato lo sguardo a mezza altezza, puntato su niente, come faccio senza accorgermene quando mi chiudo nei miei pensieri.
Basterebbero un paio di pensieri lontani nel tempo.
«Più mi sembra di capire qualcosa e più so di non sapere».
«Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te».
Niente… No, be’, poco. Troppo poco.
Rispetto.
Basterebbe che questo concetto non fosse solo una parola, per i più.
Intanto sto girando le spalle e me ne sto andando pensoso.
Senza salutare. Senza ringraziare. Senza insultare.
Senza neppure un insulto o un bacio.
«Ehi tu, in gambissima! Te ne vai?», lui. Esso.
«Eh? Cosa?», io.
«Ma lo sai che sei rimasto qui con me un bel po’? E non sto parlando di quel che ci siamo detti, sai. Eh‽ Ah, ah! Ah! Ah! Ah!».
«Ma lo sai che: uno, ho preso le mie precauzioni, potrei abbracciarti e non rischiare nulla, ma non ti abbraccio solo perché sono dispettoso; due, hai rivelato il tuo delirio di onnipotenza, la tua bramosia distruttiva, la tua ingordigia, il tuo odio e quindi hai rivelato la tua fragilità. È come se tu avessi dichiarato la tua debolezza, la tua fine. Le tue abilità non sono in discussione, ma la tua forza è soprattutto nella nostra paura e quindi il tuo potere è limitato e discutibile. Ciao, adesso vado».
«Oh, cazzo!», borbotta.
(Non glielo dico ma tornerò presto.)
«Fanc…», e canto pure altro!
Rock, pop, punk, blues, soul, r&b, rap, hip hop, folk, country, etno, classica, crossover, fusion, jazz.
All together: «All we need is love!».
Correttezza e fair play.
Rispetto e cuore.
Test e testa.
Profilattico e fantasia.
Abbiate cura (attenzione e amore) di voi (e degli altri!).
E di tutto il circostante. È bellissimo.
So long, brothers and sisters! Alla prossima, ché ci si vede.